Il MIT rafforza il calcestruzzo con la plastica riciclata
L’aggiunta alla miscela di piccoli pezzi di PET precedentemente trattati potrebbe ridurre le emissioni di carbonio dell’industria del cemento
Il contributo della plastica riciclata all’edilizia del futuro
Quanti oggetti si possono realizzare con la plastica riciclata? Dagli arredi ai vestiti, dagli occhiali agli interni auto, dalle pavimentazioni alle tubature, è lunga la lista prodotti sotto cui oggi possono rinascere i rifiuti polimerici. Al Massachusetts Institute (MIT) vogliono aggiungere, però, un’altra voce: il calcestruzzo. Secondo un nuovo studio dell’Ateneo americano, infatti, la plastica riciclata delle bottiglie usate potrebbe portare alla produzione di un cemento più resistente ed ecologico.
Gli ingegneri Carolyn Schaefer e Michael Ortega, insieme ad alcuni colleghi, hanno scoperto che l’aggiunta del PET, opportunamente trattato, alla miscela cementizia permette di ottenere un prodotto finale che è fino al 20% più forte del calcestruzzo tradizionale. “C’è un’enorme quantità di plastica che arriva in discarica ogni anno”, spiega Michael Short, professore aggiunto presso il Dipartimento di Scienze Nucleari e Ingegneria del MIT. “La nostra tecnologia tira fuori la plastica dalla discarica, la blocca nel calcestruzzo, usando in tal modo meno cemento e rilasciando quindi meno emissioni”.
Non si tratta del primo esperimento che vede plastica riciclata aggiunta alla miscela cementizia. Tuttavia gli esperimenti condotti finora aveva indebolito il prodotto, anziché rafforzarlo. Gli studenti hanno dovuto trovare un modo per risolvere il problema e la soluzione si è presentata grazie ai raggi gamma. Il team ha scoperto, infatti, che esponendo fiocchi di PET (polietilene tereftalato) a piccole dosi di radiazioni gamma è possibile cambiare la struttura cristallina del polimero rendendola più rigida, dura e resistente.
Gli studenti hanno ottenuto la plastica riciclata da un impianto locale, hanno ripulito manualmente i fiocchi per rimuovere pezzi di metallo e altri detriti, quindi hanno portato i campioni in uno dei laboratori sotterranei del MIT, dove è installato un irradiatore cobalto-60, bombardandoli con una piccola dose di raggi gamma. I ficchi sono stati quindi ridotti in polvere e aggiunti al cemento. Il prodotto finale, come chiarisce Short, non presenta rischi dal momento che “non c’è radioattività residua”. “Sostituire anche una piccola quantità di calcestruzzo con la plastica così irradiata potrebbe contribuire a ridurre l’impronta globale di carbonio dell’industria del cemento”.
(fonte: Rinnovabili.it)